Penso che solo ad alcuni sia dato il dono di vivere momenti bui nella propria vita e di saperli
trasformare in atti di rinascita e di esperienza straordinari.
Questo è quello che è successo a Paolo Cognetti all’età di
30 anni. Ha reso il suo inverno una primavera.
Colmo di letture sul genere e
appassionato da sempre di montagna, decide di passare un periodo imprecisato in
una piccola località sulle Alpi, come un’eremita.
L’ascolto della natura, la
solitudine e le condizioni poco agevoli lo catapultano all’interno di un viaggio
unico nel suo genere, intenso. Fatto di amici poco abituati alla parola, ma
molto alle bestie, alla trasformazione dei colori nelle diverse stagioni, alla
potenza della natura, che riesce a sorprenderti sempre anche quando ti svegli
in una mattina di maggio e fuori trovi la neve, quell’ultima neve dell’anno,
chiamata della quaglia, tanto
decantata anche da Mario Rigoni Stern, in uno dei suo racconti.
Ma poi, quando tutto si dissolve
ecco che ricompaiono gli odori e con l’arrivo dell’estate tutto prende un’altra
sfumatura.
La mia scelta olfattiva cade su
una fragranza di Histoires de Parfums:
Noir Patchouli. Terra, calore, aria,
fiori, spezie, aromi. Tutto quello che possiamo incontrare durante una camminata
in mezzo ai boschi, è qui proposto attraverso un’eleganza senza eguali. Un
profumo-velluto che veste la pelle, come una camicia di flanella a quadretti.
Note che legano tra di loro per offrirci un supporto alcolico da portare in una
piccola borraccia come acqua da reintegrare. Una nota dandy al nostro
eremitaggio: sentieri, fatica, sudore, cambiamenti climatici repentini, rocce
scoscese, altezza, allontanamento, isolamento, tempo, un tempo che non si
riesce a quantificare e che è proporzionale alla nostra fatica. E poi giungere
alla vetta, dissertarsi e indossare due gocce di Noir Patchouli per sentire
come possiamo interagire con il tutto, fare parte del tutto. Ed è subito eremitaggio, ed è subito piacere.
“Io fui nel giorno alto che vive
oltre gli abeti,
io camminai su campi e monti
di luce –
Traversai laghi morti – ed un
segreto
canto mi sussurravano le onde
prigioniere –
passai su bianche rive, chiamando
a nome le genziane
sopite –
Io sognai nella neve di un’immensa
città di fiori
sepolta –
Io fui sui monti
come un irto fiore –
e guardavo le rocce,
gli alti scogli
per i mari del vento -
e cantavano fra me di una remota
estate, che coi suoi amari
rododendri
m’avvampava nel sangue”
ANTONIA POZZI, Nevai
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